Il decalogo che la famosa psicoanalista inglese Susan Isaacs, nota in Inghilterra e a livello internazionale per i suoi lavori nel campo della pedagogia e dell’educazione, suggerisce alle mamme:
1. Non dire semplicemente “non devi fare questo” se puoi aggiungere “ma fai quest’altro”.
2. Non chiamarli “capricci” quando si tratta soltanto di cose che disturbano.
3. Non interrompere qualsiasi cosa faccia il bambino senza dargli un preavviso.
4. Non portare a passeggio il bambino, ma vai a passeggio “con” lui.
5. Non esitare a fare delle eccezioni alle regole.
6. Non prendere in giro il bambino e non fare dei sarcasmi: ridi “con” lui e non “di” lui.
7. Non fare mostra del bambino agli altri e non farne un giocattolo.
8. Non credere che il bambino capisca ciò che gli dici solo per il fatto che tu lo capisci.
9. Mantieni le tue promesse e non farle quando sai di non poterle mantenere.
10. Non mentire e non sfuggire alle domande.

I bambini non solo hanno bisogno dell’affetto e della simpatia dei genitori ma anche dei loro seri e pazienti sforzi per capire la via del loro sviluppo mentale: hanno bisogno in realtà di essere ascoltati.

Bibliografia
Bollea G., Le madri non sbagliano mai, Milano: Feltrinelli, 1995

Un bambino può manifestare il proprio disagio attraverso molteplici forme sintomatiche che segnano sempre particolari esperienze traumatiche da lui vissute.
Per Winnicott il bambino ha bisogno del sintomo per esprimere un ostacolo nel suo sviluppo emozionale. (D.W. Winnicott, 1958)
Ricercando l’origine del sintomo non sempre ci troviamo di fronte ad un trauma evidente e conclamato (es. incidenti gravi, lutti o molestie sessuali); anche in uno sviluppo emozionale normale, il bambino può vivere un disagio psichico che diventa tanto più traumatico quanto più interviene in un periodo della sua vita in cui non possiede ancora le difese necessarie per proteggersi da un avvenimento che ancora non può comprendere ed elaborare. I genitori possono ad esempio litigare davanti al bambino in un momento in cui lui è impegnato ad affrontare un altro problema che appartiene al suo processo fisiologico di sviluppo.
Di fatto il bambino è obbligato a prendere dentro di sé questa esperienza al fine di poterla rendere accettabile e dominarla e, facendo questo, percepirà il proprio Sé come cattivo; la situazione diventa più drammatica se il trauma opera in uno stadio in cui la crescita dell’Io nel bambino è appena iniziata.
Masud Khan, inoltre, introduce il concetto di trauma cumulativo per descrivere una esperienza quotidiana nell’interazione madre-bambino fatta di piccole manchevolezze quotidiane nelle cure materne che a lungo termine generano una frammentazione nella coesione del sé del bambino. Ad esempio un particolare atteggiamento ansioso della madre o suoi sbalzi di umore ripetuti nel tempo, possono generare del tutto inconsapevolmente comportamenti patologici nel figlio.
Lo stesso Winnicott afferma a proposito dei bambini la cui affettività e la cui crescita psichica sono stati deformati da un disturbo ansioso o depressivo della madre: “Si vedrà come questi bambini, nei casi estremi, abbiano un compito che non potranno mai assolvere. Devono prima di tutto affrontare l’umore della madre: riuscire in questo compito significa soltanto riuscire a creare un’atmosfera in cui poter cominciare una propria vita” (D.W. Winnicott, 1948)
Per Sandor Ferenczi, infine, il trauma non è necessariamente associato a qualcosa che è avvenuto, ma a “ciò che non ha avuto luogo”. Se i genitori non riescono a sintonizzarsi ai reali bisogni psichici del bambino annullano il suo valore come persona e determinano in lui una insanabile ferita narcisistica: viene compromesso il suo sviluppo emozionale e soprattutto la sua capacità di amare.
Ferenczi sottolinea l’importanza della presenza della tenerezza oltre alle normali cure nell’interazione madre-bambino. Solo una madre intimamente felice dell’esistenza del suo bambino, può sperimentare la tenerezza come particolare forma di amore. Tramite il desiderio della madre, il bambino fa esperienza del sentimento di esistere per l’altro, condizione questa necessaria per procedere verso un sano sviluppo emozionale. Un bambino che non riceve questo particolare tipo di protezione dall’ambiente, andrà inevitabilmente verso un impoverimento della personalità e del carattere.
La persona del bambino, ancora così poco consolidata, non ha alcuna possibilità di vita se l’ambiente non la sostiene sotto tutti gli aspetti. Senza questo aiuto i singoli meccanismi psichici e organici divergono e nello stesso tempo esplodono” (S.Ferenczi, 1932).

Bibliografia
Ferenczi, S., Fondamenti di psicoanalisi, Bologna: Guaraldi, 2002
Khan M., Lo spazio privato del sé, Torino: Bollati Boringhieri, 1979
Winnicott, D.W., Dalla Pediatria alla psicoanalisi, Firenze: G.Martinelli & C., 1958
Winnicott, D.W., Gioco e realtà, Roma: Armando, 1976